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Assessore Regione Piemonte con deleghe all’Infanzia, genitorialità e ruolo della famiglia nelle politiche del bambino, Politiche della casa, Benessere animale, Pari opportunità, Personale e organizzazione, Affari legali e contenzioso.

CHIARA CAUCINO

“La politica ha il dovere di sostenere l’inclusione, che non deve più restare uno slogan o una parola ‘vuota’, ma deve concretizzarsi, a vantaggio di tutti, con un nuovo approccio integrato e multidisciplinare in grado di sostenere i più fragili”

Chiara Caucino, avvocato biellese, dal 2019 lavora, in qualità di Assessore Regionale per sostenere i cosiddetti “ultimi”, ovvero chi, come le persone con disabilità o i loro famigliari o persone indigenti, non riesce a stare al passo con la società e rischia il fenomeno dell’emarginazione. Chiara Caucino è Assessore regionale all’ Infanzia, Genitorialità e ruolo della famiglia nelle Politiche del bambino, Politiche della casa, Benessere animale, Pari opportunità, Personale e organizzazione, Affari legali e contenzioso.

Assessore Caucino, che cosa significa per lei il termine inclusione?

A livello sociologico una società inclusiva è una società che accoglie e aiuta i più fragili nel senso più ampio del termine. Noi, tutti noi, nessuno escluso, apparteniamo a un gruppo di persone, a una società, appunto, alla base della quale c’è la famiglia. Ecco che allora inclusione significa garantire – nel limite delle possibilità della politica, ma mettendo in campo tutte le risorse a disposizione – di consentire a tutti di poter godere pienamente dei diritti e delle opportunità che questa appartenenza comporta, osservandone ovviamente anche i doveri. Inclusione è costruire ponti – psicologici e materiali – e abbattere muri. Inclusione è, per noi che abbiamo responsabilità di governo, lottare contro le cause dell’esclusione sociale, contro le discriminazioni – ad esempio quelle di genere – in tutti gli ambiti: dal lavoro, alla casa, garantendo l’accesso ai servizi fondamentali, favorendo la natalità, sostenendo anche chi, come le persone con disabilità che devono ancora fare i conti con troppe barriere architettoniche e culturali che, nonostante il grande lavoro svolto negli ultimi decenni, in parecchi casi permangono. L’obiettivo è quindi chiarissimo: consentire a tutti, come già detto, di partecipare pienamente alla vita della comunità superando ogni barriera: anche quella, in continua crescita, della mancanza di risorse economiche adeguate, che si ripercuote in un accesso limitato all’educazione, alla sanità, alla scuola e al mondo del lavoro.

A proposito, lei ha spesso parlato di “nuove povertà”. Dal suo osservatorio, quali sono i bisogni emergenti di inclusione a cui il Piemonte deve rispondere?

Purtroppo sì. Il fenomeno è sotto gli occhi di tutti e, parlando quasi ogni giorno con chi lavora nel Terzo Settore e occupandomi di edilizia residenziale pubblica penso di poter affermare che lo si possa toccare con mano: il combinato disposto delle due grandi crisi economiche del 2008 e del 2011, della pandemia Covid, che ha sconvolto il mondo e degli effetti devastanti derivati dalla guerra in Ucraina ha creato nuove povertà. Persone che fino a poco tempo fa potevano permettersi una casa, una famigia, figli, un lavoro e una vita dignitosa oggi sono in estrema difficoltà, costretti a chiedere un alloggio popolare e addirittura ad accettare aiuti alimentari che, per fortuna, la grande solidarietà dei piemontesi non fa mancare. Ma questa situazione non è accettabile. Non possiamo consentire che esistano persone che vivono solo di carità e rimanere spettatori inermi di fronte a un fenomeno di tale portata. Dobbiamo agire e farlo con un metodo nuovo, farci trovare pronti, andare oltre le difficoltà e individuare il modo di superarle facendo fruttare al massimo ogni risorsa a disposizione e mettendo in campo nuove progettualità, allontanandoci da un passato in cui forse si è stati troppo a guardare senza intervenire sulle radici dei problemi.

Che cosa serve secondo lei per combattere la povertà, la fragilità e l’incertezza che stiamo vivendo in questo periodo? In che modo la società può essere più competitiva per combattere le disuguaglianze?

Innanzitutto occorre affrontare questi fenomeni con un nuovo approccio, che definirei integrato e – come si dice in medicina – multidisciplinare. Non possiamo più affrontare i disagi di una persona o di un gruppo di persone agendo settorialmente. Dal sociale al sanitario, dal supporto per trovare occupazione alla formazione, occorre adottare un’azione sinergica e “a tenaglia”. Come Regione, in collaborazione con Enti del Terzo Settore, stiamo inaugurando, ad esempio, ambulatori di odontoiatria e oculistica sociale in parecchie città del Piemonte, proprio nelle zone in cui insistono le case popolari, dove le persone hanno più bisogno. Allo stesso tempo stiamo, con fatica, ma determinazione, facendo tutto il possibile per riqualificare anche esteticamente gli edifici, ridisegnando così, indirettamente, i quartieri più degradati. Non scordiamocelo mai: l’inclusione inizia dove c’è il bello, dove c’è sicurezza, dove la salute è garantita anche a chi non ha migliaia di euro per potersi permettere determinate cure. In questi anni ho voluto girare nelle case popolari del Piemonte, ho parlato con le persone, ho stretto mani. Certo, ho visto anche situazioni intollerabili di illegalità che ho subito segnalato, ma ho incontrato soprattutto persone oneste che non vedono l’ora non soltanto di essere aiutate passivamente, ma anche di essere coinvolte, di poter partecipare al cambiamento. Persone che hanno una grande dignità, che non vogliono “tutto e gratis”, ma ci chiedono una speranza, un’opportunità, la possibilità di potercela fare. E questo, mi sento di dire, come persona e come politico, che è un diritto inalienabile che noi dobbiamo fare di tutto per garantire, collaborando e non commettendo mai l’errore di mettersi in competizione con le Associazioni del Terzo Settore, ma al contrario, facendo squadra con loro. E le voglio ringraziare, infatti, per aver compreso il mio sentiment e agito di conseguenza in questi anni, sposando la strategia della sinergia, con l’ambizione reciproca di ottenere il massimo risultato possibile. Perché è come nello sport: vince la squadra, non il singolo.

Quale ruolo possono avere la scuola e, più in generale, le politiche educative per favorire l’inclusione?

Premetto che la scuola non rientra formalmente nelle mie deleghe, ma come assessore all’Infanzia non posso esimermi dal ribadire che – dopo la famiglia – la scuola ricopre un ruolo fondamentale per la crescita a 360 gradi dei nostri figli. Una scuola che deve uscire dalle logiche novecentesche e, permettetemi, dagli stereotipi di “deamicisiana memoria”, ma scoprire e valorizzare, già dai primi anni i talenti dei bambini, che vanno considerati come persone e non numeri o cognomi su un registro. La scuola, quindi, deve valorizzare le capacità dei singoli, capendo quali sono le loro potenzialità ed esaltarle. Così da arrivare al tempo delle scelte determinanti per il futuro già con la consapevolezza, per quanto possibile, di quali sono le proprie propensioni, di cosa si sa fare meglio e cosa no. La scuola non deve essere un luogo di “sofferenza” il luogo dello studio “matto e disperatissimo”, per citare Giacomo Leopardi, ma un vero e proprio laboratorio del talento. Ecco che, se vista così, si capisce che il grande fil rouge che deve collegare il primo giorno di scuola con il primo giorno di lavoro può esistere. E spetta a tutti noi, mondo della scuola e politica, evitare che si spezzi.

Lei si è occupata anche dell’accoglienza e dell’integrazione dei profughi ucraini minorenni. Che esperienza è stata?

Un’esperienza che mi ha arricchita soprattutto come persona. Ricordo ancora il primo volo in cui andammo a prendere i piccoli più fragili, i malati, quelli che avevano assoluto bisogno di essere portati via da quell’inferno. Vedere la guerra negli occhi di questi bambini e delle loro famiglie è stato scioccante, ma la speranza che contemporaneamente esplodeva, letteralmente nei loro sguardi, mi ha fatto comprendere che stavamo facendo la cosa giusta e che avremmo dovuto moltiplicare gli sforzi. Così, proprio grazie alle sinergie di cui parlavo prima, in pochi giorni siamo riusciti a individuare strutture in grado di accogliere centinaia di piccoli, accompagnati e non, tentando di restituirgli almeno parte di quella normalità che la follia degli adulti aveva negato loro.

Se dovesse, ad oggi, fare un bilancio della sua attività quali sarebbero le principali azioni che metterebbe in evidenza?

Beh, certamente la più grande soddisfazione è stata l’approvazione di “Allontanamento zero”, la legge che riordina il sistema degli affidi spostando l’attenzione sulle famiglie d’origine. Lo ribadisco ancora: la famiglia, piaccia o meno, è il mattone fondamentale, il cardine della nostra società. E dopo aver visto i dati che dimostrano che in Piemonte, circa l’85% degli allontanamenti si sarebbero potuti evitare lavorando proprio sulla famiglia mi sono detta che la normativa andava cambiata, e in fretta. Questo – e ci tengo a sottolinearlo – non significa che laddove vi siano violenze, casi irrecuperabili o pericolo per i minori, questi ultimi non saranno allontanati, anzi. Verranno allontanati più in fretta.

Ma si eviteranno traumi a centinaia di piccoli che venivano tolti ai genitori magari soltanto perché – e qui mi ricollego alle nuove povertà – il problema era meramente economico. Sempre in tema di minori non posso che rallegrarmi per aver rilanciato il gioco libero all’aperto – istituendo per legge un Giornata Regionale, l’ultimo sabato di maggio – e favorendo in tutto il Piemonte la nascita di centinaia di parchi gioco diffusi, che hanno avuto un successo inaspettato confermando il fatto che i nostri figli hanno bisogno di socialità, di riscoprire i cortili, le piazze, i giardini. In ultimo – e qui il lavoro è ancora da terminare con la nuova legge che verrà presto approvata – non posso che essere soddisfatta del grande impegno per il miglioramento delle condizioni delle case popolari piemontesi. Certo, di cose da fare ce ne sono ancora molte, ma abbiamo portato una nuova cultura: insieme ai presidenti delle tre Atc piemontesi , che ringrazio, abbiamo operato per rendere assegnabili il maggior numero di alloggi a disposizione, proprio per venire incontro alla domanda crescente. Abbiamo speso bene tutti i fondi del PNRR per l’efficientamento energetico e sto per annunciare un fatto che definirei quasi “storico” e che sarà determinante per migliorare ancora la situazione: lo sblocco parziale dei fondi ex Gescal, che giacevano inutilizzati da venti anni e che nessuno, fino ad oggi, era riuscito a toccare. Parliamo di milioni e milioni di euro che per noi – ma soprattutto per le persone che hanno diritto a una casa popolare – saranno come acqua nel deserto. Vorrei infine ricordare la costituzione della rete di Hpl su tutto il territorio regionale, per sostenere i ragazzi con funzionamento intellettivo limite e le loro famiglie e, come già detto, l’apertura degli ambulatori odontoiatrici e oculistici, senza dimenticarsi degli Ambulatori veterinari sociali destinati a offrire cure gratuite agli animali d’affezione di proprietà delle persone in carico ai Servizi sociali.