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Già Presidente della Fondazione CRT e GIà Presidente della Consulta delle Fondazioni di origine bancaria del Piemonte e della Liguria

GIOVANNI QUAGLIA

“Nel nuovo mondo segnato dalle conseguenze della pandemia e della guerra, la filantropia ha una mission più strategica che mai: innescare le innovazioni che trasformano la società in chiave redistributiva, contribuendo a riequilibrare le disuguaglianze per migliorare la qualità della vita delle persone nelle comunità”

Competitività, benessere e dignità come valori fondamentali sui quali costruire un vero “Patto della Solidarietà”, una relazione simbiotica in grado di produrre crescita, sviluppo e coesione all’interno della comunità. Giovanni Quaglia, già Presidente della Fondazione CRT e già Presidente della Consulta delle Fondazioni di origine bancaria del Piemonte e della Liguria, ci illustra il percorso e i progetti di inclusione che la Fondazione, sotto la sua Presidenza, ha messo al centro delle sue attività. A partire dalla sfida più importante: sconfiggere la povertà educativa dei giovani.

Che cosa significa per lei oggi la parola inclusione?

Significa saper coniugare il necessario incremento della competitività con il doveroso miglioramento delle condizioni di benessere e dignità per tutti, in modo da non lasciare indietro nessuno. Dopo il dramma della pandemia, è tempo di un vero e proprio “Patto della Solidarietà” tra istituzioni pubbliche elettive, business community e società civile organizzata nei corpi intermedi, per ricostruire un futuro più sostenibile, green e inclusivo.

In questo ecosistema ogni attore ha l’opportunità – e oserei dire il dovere – di partecipare al ridisegno delle traiettorie di crescita, sviluppo e coesione nella comunità, assumendosi la propria parte di responsabilità. Solo dalla relazione quasi “simbiotica” tra persone, imprese, territorio può derivare la coproduzione di valore sociale ed economico: quello che Michael Porter e Mark Kramer chiamano “shared value”, valore condiviso. Nel favorire queste dinamiche positive, le Fondazioni, tra cui certamente Fondazione CRT, continueranno a dare un contributo determinante, in quanto agenti di crescita e sviluppo capaci di coprogettare e coprogrammare il futuro insieme alle istituzioni elettive e agli altri corpi intermedi, in una prospettiva di sussidiarietà e solidarietà e in un quadro di autentico pluralismo.

Quali sono oggi i nuovi bisogni di inclusione a cui la comunità di Torino, e non solo, deve rispondere?

Una delle sfide più urgenti di oggi è la povertà educativa, che è anche povertà aggregativa e di socialità della Next generation. In questo ambito, la collaborazione tra Terzo Settore, Istituzioni pubbliche, Fondazioni e gli altri corpi intermedi della società è la leva essenziale per innescare processi virtuosi capaci di rimotivare i giovani: questa è la base per costruire e rafforzare il senso di comunità con il contributo di tutti. Come emerso anche dal recente Forum “Bambini, investire sul presente per un futuro migliore” promosso alle OGR Torino dal Forum regionale del Terzo Settore, in Piemonte sono attualmente in corso 65 progetti per il contrasto della povertà educativa minorile, che mettono in rete oltre 700 realtà del territorio e intervengono su vari assi, tra cui: il potenziamento dei servizi educativi e di cura dei più piccoli, la prevenzione dell’abbandono scolastico, la promozione del benessere di migliaia di minori, il contrasto al maltrattamento di bambini e ragazzi. Questi progetti sono finanziati per 30 milioni di euro dal Fondo nazionale che vede “alleati” le Fondazioni di origine bancaria, il Forum del Terzo Settore e il Governo, ed è gestito dall’impresa sociale Con i Bambini. Mi fa piacere sottolineare che la Consulta delle Fondazioni di origine bancaria del Piemonte (da poco ampliata alla Liguria) che ho l’onore di presiedere, ha contribuito in misura maggiore al Fondo nazionale, avendovi apportato 197 milioni di euro dal 2016 al 2021, pari al 32% del totale delle risorse versate dalle Fondazioni (607 milioni di euro). Ogni euro messo in campo dalle Fondazioni piemontesi ha generato un effetto moltiplicatore di 1,6 euro sul territorio e di 5,1 euro nel Paese, nell’ottica di una vera solidarietà nazionale.

Un altro bisogno di inclusione sociale riguarda le persone con disabilità, altra traiettoria su cui la Fondazione CRT è impegnata da molti anni con progetti concreti. In particolare, ricordo il bando “Vivomeglio”, che dal 2005 ha permesso di realizzare finora 2.500 interventi per migliorare la qualità della vita e l’autonomia delle persone con disabilità, per un investimento complessivo di oltre 27 milioni di euro.

“Operatori culturali per l’inclusione” è un altro progetto messo in campo nel 2012 da Fondazione CRT e Fondazione Paideia per formare il personale dei musei e dei servizi culturali ad accogliere al meglio i visitatori in difficoltà, nella consapevolezza che “abbattere le barriere culturali è un passo importante per aprire realmente i luoghi d’arte a tutti”. Sviluppatasi inizialmente nel Torinese, questa iniziativa si è ampliata progressivamente al territorio provinciale, regionale e nazionale, arrivando a coinvolgere complessivamente oltre 300 realtà tra musei e servizi culturali italiani e oltre 1.100 operatori del settore. L’attenzione per queste tematiche trova il suo punto di approdo nella prima Agenda della Disabilità in Italia, “firmata” da Fondazione CRT e Consulta per le Persone in Difficoltà CPD: un modello innovativo di inclusione partecipato, frutto di un percorso di ascolto e co-progettazione avviato nel 2021 con il coinvolgimento di circa 300 soggetti, tra organizzazioni non profit e “portavoce” della società civile: sono nate oltre 150 idee per un futuro a misura di tutti, pronte a essere tradotte in azione. Sempre con CPD, Fondazione CRT e OGR hanno redatto nel 2017 il primo “decalogo” italiano per l’accessibilità degli spazi e la fruibilità degli eventi for all.

Dopo il Covid l’innovazione del welfare aziendale cerca di ascoltare e rispondere in maniera sempre più attenta ai bisogni di inclusione di ciascuno. In che modo le aziende possono contribuire alla coesione con i bisogni dell’intera comunità?

In un momento così complesso come quello che stiamo vivendo, la crescita e lo sviluppo della comunità richiedono una visione lungimirante di sistema, che metta in relazione istituzioni, business community e società civile. Sempre più imprese avvertono una responsabilità sociale e civile che va oltre la ricerca del profitto a beneficio dei soli azionisti e tiene conto degli interessi degli altri stakeholder rilevanti. In quest’ottica, anche un efficace sistema di politiche di conciliazione vita/lavoro ha un impatto positivo sia sul benessere di chi lavora, sia sulla produttività delle imprese stesse e, dunque, sull’intera comunità.
Una conferma è arrivata dalla recente indagine “Un welfare aziendale a supporto della genitorialità”, realizzata da Fondazione ULAOP-CRT, Università degli Studi di Torino, Regione Piemonte e Associazione Social Value Italia, che hanno monitorato e valutato l’impatto sociale delle azioni di welfare a sostegno della genitorialità messe in atto da 142 imprese sociali e aziende e 2 Associazioni temporanee di imprese sul territorio. Il percorso di analisi, iniziato già prima della pandemia, ha evidenziato che, se nella fase pre-Covid il welfare aziendale veniva ritenuto un approccio innovativo, con l’emergenza è diventato uno strumento indispensabile per i lavoratori e i loro figli. Vicinanza dei minori al posto di lavoro, percorsi di sostegno per le donne post partum, supporto ai genitori di adolescenti sono alcune delle esigenze più “urgenti” rilevate tra gli intervistati. La ricerca ha evidenziato che quasi la totalità (il 94%) delle misure attivate continueranno a essere utilizzate in futuro e che il 44% delle aziende ha introdotto la figura del welfare manager. In base alle esigenze emerse dalla ricerca, le misure che meriterebbero un finanziamento costante sono l’attivazione di sportelli di sostegno psicologico e il ricorso allo smart working. Considerando che sempre più aziende consentono di svolgere almeno parte del proprio lavoro da casa, una maggiore comunicazione interna da parte delle aziende sui servizi di welfare offerti è fondamentale affinché più lavoratori possano usufruirne, diventando di conseguenza più efficaci.

Recentemente il welfare aziendale è tornato a essere argomento di grande attualità per due ragioni, che rendono l’impegno sul fronte della genitorialità “vantaggioso” anche per le imprese. Da un lato, il Family Act – divenuto legge il 6 aprile scorso – introduce nuove opportunità per le imprese che investono nel welfare e ha posto l’accento sull’importanza delle misure messe in atto a sostegno delle lavoratrici e dei lavoratori che hanno figli, perché consentirebbero di rispondere ai bisogni delle famiglie evitando l’allontanamento dal posto di lavoro. Dall’altro lato, il PNRR ha previsto di assegnare punteggi aggiuntivi nella selezione dei bandi a imprese e operatori economici impegnati in materia di conciliazione vita-lavoro e inclusione. Sarà quindi importante osservare e valutare gli effetti degli incentivi proposti sullo sviluppo delle azioni messe in atto dalle imprese, anche in collaborazione tra le realtà territoriali, considerando che il 60% degli enti ha dichiarato che i servizi di welfare offerti ai dipendenti prevedono il coinvolgimento di aziende locali. I tempi sono maturi per pensare a misure di welfare aziendale che sostengano entrambe le figure di riferimento del bambino per agire in maniera completa su tutto il nucleo familiare.

Da sempre Fondazione CRT cerca di valorizzare i talenti del territorio, le loro competenze, le loro esperienze. La valorizzazione del talento sembra essere in questo caso un processo di inclusione necessario per arginare la fuga dei nostri giovani. Un paese che perde i suoi talenti cosa perde?

Un Paese che perde i talenti rinuncia al proprio futuro. Per questo è strategico investire nella formazione dei giovani, collegandola sempre più e sempre meglio alle richieste reali del mondo produttivo e del mercato del lavoro, oltre che alle esigenze della comunità in costante mutamento. Vanno in questa direzione i tanti (e apprezzati) progetti “Talenti” della Fondazione CRT, il cui network conta oggi circa 1.000 alumni: giovani professionisti che contribuiscono allo sviluppo e alla crescita della competitività del territorio e, nello stesso tempo, supportano la Fondazione nel mantenere sempre aggiornati i propri progetti formativi.
Da venti anni, infatti, investiamo nel capitale umano, offrendo ai neo laureati veri e propri “cantieri” di alta formazione gratuita, anche a carattere internazionale, in ambiti diversi e, talvolta, pionieristici, come il fundraising, l’export, l’impresa. Ultimo progetto in ordine di tempo è “Talenti per la Comunità”, che prende le mosse dai ragionamenti maturati nel lungo percorso di ascolto partecipato degli stakeholder del nordovest – i cd. Stati Generali della Fondazione CRT – ed è partito per la prima volta in Italia nei mesi scorsi, in occasione del nostro trentennale. La mission di questa iniziativa è porre le basi per una nuova generazione di leader, favorendo l’accesso di talenti a ruoli-chiave nel Terzo Settore e, più in generale, nei corpi intermedi, irrobustendo in tal modo l’ossatura della società e della democrazia: una forza che l’economista indiano Raghuram Rajan definisce, con una metafora illuminante, il “terzo pilastro” tra Stato e mercato.

Vogliamo potenziare l’azione di decine di giovani che quotidianamente si impegnano per l’animazione, la promozione, lo sviluppo civile, sociale, culturale ed economico delle comunità. A questi protagonisti attivi e responsabili che considerano il bene comune una priorità, offriamo motivazioni ancora più forti, conoscenze ad ampio spettro e competenze tecnico-trasversali all’avanguardia. Dunque, una “cassetta degli attrezzi” completa, idonea a progettare, gestire e valorizzare i processi di crescita delle realtà territoriali locali, dalle aree metropolitane a quelle montane, esplorando anche nuove frontiere: dalla leva dei Big Data per migliorare l’analisi dei bisogni, l’efficacia delle risposte e la valutazione dell’impatto degli interventi, alla finanza per lo sviluppo e agli strumenti di mediazione dei conflitti. Il mondo sta mutando rapidissimamente sotto i nostri occhi, e le grandi sfide della contemporaneità richiedono “community leader” orientati all’eccellenza. Abbiamo bisogno di costruttori di comunità coraggiosi, animati da una contagiosa passione civile, consapevoli, persino creativi, capaci di fare rete e preparati a 360° per dare forma a un futuro orientato alla sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Talenti per la Comunità va esattamente in questa direzione.

In che modo una società può essere più coesa e competitiva per combattere le disuguaglianze?

Occorre fare in modo che le opportunità siano equamente distribuite. Questo obiettivo riguarda da vicino la filantropia contemporanea, di cui Fondazione CRT è espressione significativa non solo a livello locale, ma anche nazionale e internazionale. Nel nuovo mondo segnato dalle conseguenze della pandemia e della guerra, la filantropia ha una mission più strategica che mai: innescare le innovazioni che trasformano la società in chiave redistributiva, contribuendo a riequilibrare le disuguaglianze, ormai sempre più profonde e diffuse, per migliorare la qualità della vita delle persone nelle comunità. Oggi le Fondazioni sono un motore decisivo del cambiamento nei processi decisionali, nelle policy e perfino nei comportamenti individuali: possono co-progettare e co-programmare – insieme alle istituzioni pubbliche, al Terzo Settore e agli altri corpi intermedi come gli ordini professionali, le università, il mondo della ricerca, dell’impresa e del credito – la rotta per un futuro più sostenibile, solidale, equo e inclusivo, in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e del NextGenerationEU.

È una responsabilità che le Fondazioni esercitano per i territori e per il Paese, mettendo in campo non solo le proprie risorse, ma anche le proprie competenze e un’ampia gamma di strumenti operativi: dalle tradizionali erogazioni a fondo perduto alle frontiere recenti dell’impact investing e della venture philanthropy, con l’impiego coraggioso di capitali “pazienti” per progetti a forte impatto sociale e ambientale. In questa evoluzione progressiva del ruolo – dal cosiddetto granting all’acting –, resta invariato il punto di arrivo: la creazione di valore per il bene comune, attraverso l’investimento nelle infrastrutture e nell’economia reale, l’impulso ai processi di trasferimento tecnologico e l’attenzione crescente alle fragilità. Se pensiamo che la Fondazione CRT e le altre dieci Fondazioni del Piemonte possono contare su patrimoni complessivi per oltre 11 miliardi di euro e hanno erogato 1,4 miliardi negli ultimi cinque anni, ben si comprende l’entità del sostegno allo sviluppo del tessuto socio-economico di Torino e della regione. Le Fondazioni, quindi, portano avanti iniziative coerenti con le finalità del PNRR e sono al centro dell’ecosistema che deve destinare le ingenti risorse del Recovery Plan per affrontare, efficacemente e urgentemente, le sfide della digitalizzazione, della transizione ecologica, dell’inclusione.

Si tratta di un’opportunità davvero unica per crescere insieme, a patto che la si sappia utilizzare al meglio per almeno due ragioni: perché gli ulteriori debiti ricadranno sulle future generazioni, e perché le vere riforme richiedono una visione di medio-lungo periodo basata sul concetto di sostenibilità, in funzione dei bisogni di oggi ma, soprattutto, di quelli di domani.